da Varese, le odierne peripezie ed i mille interessi di una stramba famiglia di tatuatori!

Ho sempre pensato che la mia vita è piena di gente interessante e folkloristica, di gente colorata e gente molto dark,
di occasioni speciali, di fotografie, libri e scambi di informazioni...
Vorrei queste pagine fossero un'occasione per contaminarci e sorriderci su!!!!


Se desiderate contattarmi per qualsiasi chiarimento, opinione o scambio di vedute mi trovate qua: artistichousewife@hotmail.it

lunedì 3 dicembre 2012

YUREI e il ritorno di Giamaica

Settimana scorsa Luigi ha iniziato il Back di Giamaica che da un pò non si concedeva nuovo inchiostro sotto pelle ed ora, va proprio detto, si ricomincia alla grande.

Per la sua schiena Giamaica ha scelto uno YUREI, ovvero un fantasma che popola la tradizione giapponese. I kanji che compongono la parola significano YU flebile, evanescente ma anche oscuro e REI che significa anima o spirito.
Sono talvolta anche chiamati BOREI ovvero "spiriti dei caduti" o "spiriti dei morti".
Si tratta di anime dannate che non riescono ad abbandonare il mondo dei vivi trovando pace nel mondo dei defunti.


Secondo la tradizione giapponese, tutti gli esseri umani hanno uno spirito/anima o reikon; quando muoiono, il reikon lascia il corpo e resta in attesa del funerale e dei riti successivi, prima di potersi riunire ai propri antenati nell'aldilà. Se le cerimonie sono svolte nel modo appropriato, lo spirito del defunto diventa un protettore della famiglia, a cui torna a far visita ogni anno ad agosto durante la festa Obon, nella quale i vivi porgono ai defunti i propri ringraziamenti.

 Tuttavia, nel caso di morti improvvise e violente, o se i riti funebri non sono stati effettuati, o ancora se lo spirito è trattenuto al mondo dei vivi da forti emozioni, il reikon può trasformarsi in yūrei ed entrare in contatto con il mondo fisico.

Non tutti gli spiriti che si trovano in queste condizioni però si trasformano in yūrei, perché agire sul mondo fisico dal mondo spirituale richiede una grande forza mentale o emotiva.
Lo yūrei può infestare un oggetto, un posto o una persona, e può essere scacciato solo dopo aver celebrato i riti funebri o risolto il conflitto emotivo che lo tiene legato al mondo dei vivi.

All'inizio, la tradizione non attribuiva agli yūrei un aspetto differente da quello dei comuni esseri umani.

Durante il periodo Edo si diffuse il rituale del HYAKUMONOGATARI KAIDANKAI un gioco che consisteva nel raccontare a turno una storia dell'orrore (KAIDAN)  sino a 100 storie. Si credeva che al compimento della centesima storia uno Yurei sarebbe apparso e proprio per tale motivo alcuni raccontavano sino alla novantanovesima storia e poi basta.



I kaidan divennero oggetto di letteratura, opere teatrali e dipinti, e gli yūrei cominciarono ad assumere degli attributi che permettevano al pubblico di identificarli immediatamente tra i personaggi.

Uno Yurei ha questi tipici tratti di distinzione:
  • Veste bianca - Simile al folkloristico lenzuolo bianco dell'immaginario collettivo occidentale, gli yūrei sono vestiti di un ampio abito bianco, che ricorda il Kimono funerario in uso durante il periodo Edo;
  • Hitaikakushi - Un altro elemento di vestiario che li contraddistingue, ma soprattutto in alcune opere teatrali o di carattere comico, e reso popolare principalmente dai manga; è un fazzoletto avvolto intorno alla testa che assume una forma triangolare (con la punta rivolta verso l'alto) sulla fronte.
  • Capelli lunghi e neri - Gli yūrei hanno generalmente i capelli lunghi, neri e scompigliati. Si credeva che i capelli continuassero a crescere dopo la morte, e inoltre tutti gli attori nel kabuki indossavano parrucche.
  • Mani morte e mancanza della parte inferiore del corpo - Le mani dello yūrei penzolano senza vita dai polsi, che sono generalmente portate in avanti con il gomito all'altezza dei fianchi. La parte inferiore del corpo è del tutto assente, e lo yūrei fluttua nell'aria. Queste caratteristiche comparvero dapprima negli yukio-e del periodo Edo, e vennero poi fatte proprie dal kabuki, nel quale per nascondere la parte inferiore del corpo si usava un kimono molto lungo o si sollevava l'attore da terra con delle corde.
  • Hitodama - Gli yūrei sono spesso accompagnati da una coppia di fuochi fatui (HITODAMA) in sfumature tetre di blu, verde o viola; queste fiammelle sono considerate parte integrante dello spirito. Le hitodama sono entrate a far parte anche della simbologia di anime e manga, in cui oltre a seguire un fantasma compaiono intorno a persone dall'aria funebre o stati emotivi fortemente depressi.

Molte sono le tipologie di YUREI:
  • JIBAKUREI: spettro, spesso di una persona morta suicida o con dei rimpianti, che infesta un particolare luogo.
  • HYOIREI: uno spettro che si impossessa del corpo di un vivente.
  • ONRYO: spiriti vendicativi che tornano a perseguitare chi li ha maltrattati in vita.
  • UBUME: spiriti di madri morte nel dare alla luce un figlio, o senza sapere cosa sia accaduto ad essi; sono generalmente innocui e desiderano solo incontrare i propri figli.
  • GORYO: spiriti di aristocratici morti per intrighi di palazzo o traditi dai propri servitori, che tornano a esigere vendetta.
  • FUNAYUREI: spiriti di marinai morti in mare; se vengono lasciati salire su una nave la fanno affondare.
  • ZASHIKI-WARASHI: fantasmi di bambini, generalmente dispettosi.
  • GAKI: nati e diffusi nell'ambito della tradizione buddhista(sono presenti in tutte le culture influenzate dal Buddhismo: sono fantasmi di persone morte nella pratica ossessiva dei propri vizi, e che sono state condannate perciò ad una sete e fame insaziabili di particolari oggetti, generalmente ripugnanti e umilianti.
  • JIKININKI: una variante del precedente, anche questa di ambito buddhista; la loro condanna è cibarsi di cadaveri.

  • IKIRYO: una particolare forma di fantasma che si materializza quando la persona è ancora in vita; se questa infatti prova un forte desiderio di vendetta l'anima può separarsi in parte dal corpo e andare a perseguitare il nemico, oppure se è molto malata o in coma può manifestarsi accanto ai familiari.
  • Fantasmi di samurai: veterani della guerra di Genpei morti in battaglia; compaiono quasi esclusivamente nel teatro No.
  • Fantasmi seduttori: in taluni casi lo spettro di una donna o un uomo cerca di avere una storia d'amore con un vivente.
Il modo più semplice per liberarsi di uno YUREI è soddisfare il suo desiderio, eliminando la sua ragione per restare in questo mondo; spesso significa trovare i suoi resti e dargli la dovuta sepoltura.
Nel caso di onryō questo però significa dar seguito alla sua vendetta, cosa non sempre possibile, e inoltre le loro emozioni sono sufficientemente forti da sopravvivere anche dopo che lo scopo sia stato raggiunto. In questo caso è necessario un esorcismo, del quale però esistono diversi tipi.
Nel buddhismo i monaci possono celebrare dei riti volti a facilitare il passaggio dello spirito nella sua prossima reincarnazione.
Nello shintoismo è possibile recitare un NORITO (una preghiera rituale) con lo stesso scopo oppure usare un OFUDA, un foglio con impresso il nome di un KAMI del quale assorbe il potere, che vengono premuti sulla fronte del posseduto o sparsi nell'area infestata.

E ora spazio al back di Giamaica, che è solo all'inizio ma già promette benissimo :-)










non vediamo l'ora di andare avanti col progetto!



Faro, guida del marinaio

Un FARO è una struttura, in genere una torre, dotata alla sommità di un sistema capace di emettere potenti segnali luminosi di aiuto e di riferimento nella navigazione, costituita da unalampada ed un sistema di lenti

 Sono situati in prossimità di luoghi di atterraggio, di luoghi pericolosi o di altri luoghi ove sia utile avere un punto notevole percepibile a distanza elevata durante la navigazione costiera. Sono chiaramente segnati sulle carte nautiche che ne riportano anche l'altezza focale, assieme alla caratteristiche del segnale luminoso emesso che li individua in modo univoco.

 Di largo uso nel passato, oggi il numero di nuovi fari costruiti è quasi fermo, sostituiti da sistemi digitali di aiuto alla navigazione. I fari ancora operativi stanno invece subendo un processo di automazione totale per ridurne i costi di gestione e manutenzione.

La storia dei fari è antica e s'intreccia strettamente con la storia della navigazione.
Nell'antichità, questa era inizialmente prevalentemente costiera e diurna, ma l'evolversi della navigazione commerciale portava spesso l'uomo a navigare anche di notte.
Nacquero così i primi fari, costituiti da falò di legna accatastata in punti prominenti della costa per riferimento nella rotta dei naviganti, indicando zone di pericolo o di approdo. Lungo le rotte più importanti nacquero successivamente i primi veri porti e con loro i primi veri fari, probabilmente strutture rudimentali in legno o ferro su cui veniva innalzato mediante un sistema di carrucole un braciere metallico contenente combustibile.

È solo attorno all'anno 300 a.C che sorsero le due grandi strutture che rimarranno per secoli esempi unici di fari monumentali.
Il Colosso di Rodi, considerato una delle 7 meraviglie del mondo, era un statua enorme, alta circa 32 metri che rappresentava il dio del sole, con un braciere acceso in una mano, collocata sopra l'entrata del porto.
La statua ebbe vita breve, distrutta successivamente da vari terremoti.

 L'esempio più illustre dei fari dell'antichità, un'altra delle 7 meraviglie del mondo, fu il Faro di Alessandria, la città fondata in Egitto da Carlo Magno.
Con una torre di altezza stimata tra 115 e 135 metri, rimase per molti secoli tra le strutture più alte realizzate dall'uomo. Un fuoco acceso in sommità emetteva un segnale luminoso che, grazie ad un sistema di specchi che si diceva ideato da Archimede, aveva una portata di oltre 30 miglia.
Il faro fu successivamente danneggiato gravemente nel 641 nella conquista araba della città, terminando la sua funzione di lanterna. La torre crollò nei secoli successivi distrutta da diversi eventi tellurici

Con l'affermarsi del dominio navale dell'Inghilterra, il XIX secolo fu il secolo della farologia, dove si assistette alla nascita di meraviglie dell'ingegneria soprattutto lungo le coste di Inghilterra, Scozia e Irlanda, spesso su scogli appena affioranti.
Esempi degni di nota furono il faro di Skerryvore in Scozia (altezza 48 metri, portata 26 miglia), il faro di Longship in Cornovalia (altezza 35 metri, portata 18 miglia), il faro di Bishop Rock, sempre in Cornovaglia (altezza 44 metri, portata 24 miglia), e quello di Fastnet in Irlanda (altezza 54 metri, portata 27 miglia). 

Una figura importante nel faro è sempre stata quella dell'uomo, il "guardiano del faro".
I primi, nell'antichità, furono probabilmente schiavi col compito di raccogliere e accatastare la legna ed alimentare per tutta la notte i falò.
Nel Medioevo questa funzione venne svolta in modo volontario dai monaci dei monasteri, che dovevano considerare loro dovere prestare aiuto ed assistenza alle navi di passaggio.
Tale compito diventò un vero e proprio mestiere nell'Ottocento, con l'aumento del numero di fari.
La funzione dei guardiani era di rifornire il combustibile della lampada, accendere e spegnere la lampada, tenere puliti i vetri delle lenti e delle finestre, mantenere in efficienza il meccanismo di rotazione delle lenti.
Nel 1907 fu inventata la valvola solare che, introdotta nei fari, ne permetteva l'accensione e lo spegnimento automatico con la luce del sole.
Ma la valvola solare, l'elettrificazione e l'automazione dei fari resero sempre più obsoleta la figura del guardiano. Tuttavia la funzione del guardiano rimase ancora per diversi anni, in parte anche per compiti di personale di salvataggio in caso di necessità.
In America l'ultimo guardiano del faro ha cessato il servizio nel 1990.
Attualmente i fari sono dotati di sistemi di automazione totale, dove un faro o un gruppo di fari, possono essere comandati a distanza via computer, restringendo la manutenzione ad un visita periodica.


In Italia, dal 1961 è San Venerio, il santo protettore dei faristi, ovvero coloro i quali si occupano del funzionamento dei fari marittimi.





Nella simbologia il FARO è simbolo/guida del poeta nel caos che la quotidianità propina. Simbolo solitario che aiuta a realizzare il desiderio di salvezza metafora di luce che guida il nostro cammino, o ci riporta a ritroso, ai ricordi del passato e della fanciullezza, facendoci rivivere, in una spiaggia dimenticata, la felicità d’un tempo che mai più ritornerà o di un amore lontano. Ora associato all’aquila, anch’essa metafora di alti ideali, il faro diventa il nido di quest’uccello...
Metafora della luce divina che guida la vita dell'uomo oppure fiamma alimentata da Dio per vegliare il cammino dell'uomo che attraversa la notte scura.
 
Con questo pretesto vi mostro le foto del faro di Marino guarito... :-)








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