da Varese, le odierne peripezie ed i mille interessi di una stramba famiglia di tatuatori!

Ho sempre pensato che la mia vita è piena di gente interessante e folkloristica, di gente colorata e gente molto dark,
di occasioni speciali, di fotografie, libri e scambi di informazioni...
Vorrei queste pagine fossero un'occasione per contaminarci e sorriderci su!!!!


Se desiderate contattarmi per qualsiasi chiarimento, opinione o scambio di vedute mi trovate qua: artistichousewife@hotmail.it

mercoledì 10 aprile 2013

le maschere KISHIN, demoni e deità

Le maschere KISHIN rappresentano potenti Dei che causano, o al contrario, dissipano il Male.
Spesso le loro fattezze richiamano il mondo animale o le divinità del Pantheon buddista.
Tutte le KIJINMEN hanno orecchie grandi, espressioni violente, pigmenti dorati su occhi e denti.
La maggior parte di queste maschere sono state realizzate e portate al massimo splendore nell'epoca KAMAKURA ma il primo esemplare è addirittura antecedente alla vera classificazione delle maschere del teatro NO.


Le primigene maschere venivano usate nei rituali contro il maligno e le malattie scacciandole con le loro bocche spalancate e le espressioni del volto irate.
Sicuramente tali maschere traggono le loro origini dalle maschere cinesi.
Tali maschere KISHIN sono tutte attribuite allo scultore del XV secolo SHAKUZURU YOSHINARI eccetto la maschera chiamata SHIKAMI che venne attribuita allo scultore YASHA.

SHOJO

Questa maschera viene utilizzata, e ne trae il nome, solo nel dramma intitolato SHOJO il cui protagonista è un demone.
SHOJO è un demone che vive nel mare e adora bere sake.
Nel dramma egli compare dal fiume YANGTZE ai piedi del monte JINSHAN in Cina e costringe il figlio virtuoso a bere seguendo il suo esempio.


La maschera ha un volto rossastro e i capelli scompigliati il che accentua la trasandatezza di una persona dedita all'alcool e suggerisce l'idea che sia appena uscito dall'acqua.
Ha l'espressione innocente di un ragazzo allegro, inusuale per una maschera del teatro NO.
 Un magnifico esemplare di tale maschera viene conservato tutt'oggi nel Santuario di  TENKAWA DAIBENZAITEN nella prefettura di NARA.

 YAKAN


Questa maschera trae ispirazione da una piccola volpe cinese abile nell'arrampicarsi sugli alberi.
YAKAN ha due piccoli occhi vacanti, bocca larga e labbra sottili, e spesso in teatro viene associata ad una parrucca di lunghi capelli crespi.
Ciò che colpisce di questa maschera è l'aspetto selvaggio e sinistro; essa in qualche modo trasmette ironia e fascino come paura e senso di coercizione.


In Giappone YAKAN è uno dei nomi della leggendaria volpe a sette code.
Viene usata nella seonda parte del dramma chiamato "SESSO-SEKI".
Una maschera YAKAN scolpita nel XVIII secolo da HOKAN MITSUNAO è conservata nel Museo Nazionale di TOKYO.

 O-BESHIMI

Questa maschera ritrae un TENGU, un popolare abitante della mitologia del Giappone con un lungo naso e il viso paonazzo.
Il lungo naso, caratteristico del personaggio, metà uomo e metà corvo, è stato reso nella creazione di questa maschera attraverso un gioco di prospettiva frontale.


Il nome BESHIMI deriva dal termine BESHIMU, verbo giapponese che significa "chiudere la bocca con fermezza". La maschera ha occhi ben spalancati e labbra ben disegnate, che ne esprimono il potere e la fermezza.
La prima maschera fu scolpita dallo scultore SHAKUZURU YOSHINARI nel XIII secolo.

JA


Secondo le leggende giapponesi, le donne si trasformerebbero in serpenti qualora covassero grande rabbia o rancore.
La maschera JA ha un aspetto persino più brutale delle HANNYA presentando uno spaventoso volto con bocca ampia e mascella inferiore protesa in avanti.
Il colore oro di occhi e denti indicano che il personaggio ha perso qualsiasi caratteristica umana mentre il colore rosso della pelle comunica le passioni tumultuose che lo animano.

 Lo scultore ha comunque voluto lasciare un indizio della sua natura di donna rappresentando comunque la fronte chiara, biancastra.
JA è stata realizzata e tramandata dalla Scuola di KONGO.

 SHIKAMI

Questa maschera è usata per rappresentare l'espressione massima della violenza o in ogni caso demoni o deità maligne.
La parola SHIKAMI è una parola composta da SHISHI e KAMI che significano rispettivamente "leone" e "mordere".

 Così la maschera rappresenta un leone nell'etto di mordere qualcosa e questo viene marcato da ogni muscolo del volto contratto verso il centro della maschera e il colore rosso ne sottolinea l'ira incontrollabile.
Ancora oggi nella lingua giapponese per indicare un viso accigliato si usa il termine SHIKAMETTSURA, una parola composta da SHIKAMI  e TSURA che significa "fronte".

 O-TOBIDE

Il termine O-TOBIDE deriva dal verbo TOBIDERU che significa "sporgere", come sporgenti sono gli occhi di questa maschera. Con gli occhi e la bocca spalancata ritrae il volto di una scaltra divinità.
Spesso ci si riferisce a lui come a HITEN, ovvero lo spirito del tuono che svetta nei cieli.
Secondo il SARUGAKU-DANGI del figlio di ZEAMI, la maschera ritrae il fantasma vendicativo del Signore SUGAWARA NO MICHIZANE, politico e letterato del periodo HEIAN tradito e costretto all'esilio a seguito di un intrigo di corte.
Mediamente più grande delle altre maschere, O-TOBIDE ha un aspetto esagerato che ben si addice alla ferocia e potenza delle divinità celesti.

 Anche nel dramma "RAIDEN" si narra dello spirito di un ufficiale defunto che torna per vendicarsi sotto le spoglie di O-TOBIDE, bruciando il palazzo imperiale.
Una maschera O-TOBIDE viene conservata dalla famiglia GONGO e tale maschera è il prodotto della saccenza dello scultore DEME ZEKAN YOSHIMITSU (1527/1616).

 KOJISHI


 Questa maschera rappresenta un cucciolo di leone d'ispirazione cinese (shishi).
Anticipa e spesso affianca l'entrata un scena di SHISHIGUCHI come un cucciolo di leone che accompagna il padre. Nel Teatro NO il leone non rappresenta una figura feroce ed irata ma come servitori di MONJU-BOSATSU il Bodhisattva della sapienza e dell'intelletto.
Come un leone ruggente, KOJISHI ha la bocca spalancata ad angolo retto, denti dorati, zanne, occhi metallici, naso piatto, vaste sopracciglia e grande lingua rossa.

 Questa maschera talvolta può essere gialla, dorata o vermiglia.
Un magnifico esemplare di questa maschera del periodo MUROMACHI appartiene a  HOSHOKAI (Scuola HOSHO) in Tokyo e attribuito alla bravura del maestro del XIII secolo SHAKUZURU YOSHINARI.

 FUDO

Questa maschera ritrae FUDO-MYOO il Dio del fuoco che scaccia i demoni, manifestazione del Buddha DAINICHI o MAHAVAIROCANA.
Emana un'enorme energia per la collera espressa dalla cavità orale di colore vermiglio nel mezzo del volto di colore blu, per il luccichio dei denti dorati e per lo sguardo tagliente.
FUDO è generalmente circondato dalle fiamme, con una HOKEN (spada sacra del Buddhismo Esoterico giapponese) in una mano e una corda nell'altra per imprigionare i demoni, ha un occhio che punta verso l'alto e uno che punta verso il basso a rappresentare la sua "immobile" vigilanza sul Cielo e sulla Terra.

Una vecchia leggenda racconta che il fondatore della Scuola KONGO UJIMASA stacco una testa di una statua di FUDO sacra per trasformarla in maschera da usare in scena. Il Dio si arrabbiò così tanto che una volta indossata dall'uomo questa non gli sti staccò più dal volto.


(...continua...)

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